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Romania, aiuto alla crescita dalle 24mila imprese italiane

19 set 2016

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Oltre la delocalizzazione selvaggia degli anni Novanta, oltre il fenomeno Timisoara, sono più di 24mila le imprese italiane attive in Romania: una presenza consolidata che cresce, anche in qualità. Dopo l’afflusso iniziale delle piccole e medie imprese, negli anni sono arrivati gli investimenti dei grandi gruppi, da Enel a Pirelli, Zoppas, De Longhi, Tenaris, Prysmian e Ducati Energia, New Holland. Con risultati significativi anche nel manifatturiero e nell’hi-tech: Unicredit ha realizzato in Romania un centro servizi per le nuove tecnologie. «Tra Italia e Romania, ci sono relazioni privilegiate da almeno due decenni. Abbiamo più di 24mila imprese attive: il 20% delle imprese straniere presenti in Romania sono italiane. Nel 2015 si sono registrate 2.200 nuove imprese a partecipazione italiana. Nel complesso diamo lavoro a oltre 200mila dipendenti», dice l’ambasciatore italiano in Romania, Diego Brasioli. «In Romania Ice, Sace, Camera di Commercio e Confindustria Romania lavorano come una squadra al sostegno delle imprese e i risultati si vedono anche nei dati di interscambio», dice ancora Brasioli.

L’interscambio commerciale tra Italia e Romania è vicino ai 14 miliardi di euro all’anno: con un valore maggiore di quello registrato dall’Italia con Paesi come India, Brasile e Sud Africa ma anche con Canada e Giappone. Nel 2015 la Romania ha esportato verso l’Italia beni per un valore pari a 6,79 miliardi di euro (+8,7% rispetto al 2014), mentre le importazioni dall’Italia hanno raggiunto un valore di 6,86 miliardi di euro (+8,4%). L’Italia è dunque al secondo posto - dopo la Germania - sia nella graduatoria dei Paesi fornitori, sia in quella dei mercati di destinazione dell’export romeno, con una quota sul totale interscambio della Romania pari all’11,6 per cento.

Il quadro economico è molto positivo: nel 2015 il Pil romeno è aumentato del 3,7% e la Commissione europea prevede una crescita del 4,2% nel 2016 e del 3,7% nel 2017. Con parallelo aumento anche dell’occupazione, dei salari e della domanda interna. Anche se per Pil pro capite il Paese resta in coda alla graduatoria dell’Unione. «La Romania è cresciuta molto nell’economia e non solo. Oggi è un Paese stabile, inserita nell’Unione europea. Un Paese amichevole con un Fisco favorevole alle imprese e un clima per le imprese molto positivo», afferma Mauro Maria Angelini, presidente di Confindustria Romania. «I dati sulla presenza italiana e sull’interscambio sono molto significativi. In Romania - aggiunge Angelini - è forte la richiesta di imprenditori. È quasi una necessità per un’economia che ancora si deve liberare del tutto e che può offrire manodopera competente: servono imprenditori in grado di assumersi rischi e di mettere in campo risorse proprie. E da questo punto di vista le imprese italiane hanno dato prova di affidabilità e qualità».

Anche dal punto di vista politico, la Romania è oggi un Paese stabile. Non ci sono spinte nazionaliste o euroscettiche significative, come invece in Polonia e in Ungheria, e Bucarest attende con fiducia entro fine anno una decisione su Schengen che riapra almeno la libera circolazione per porti e aeroporti. Sempre presente anche l’obiettivo di entrare nell’euro. Destano qualche perplessità le iniziative del governo - dalla riduzione dell’Iva e di altre tasse, all’incremento degli stipendi dei dipendenti pubblici - che puntano a stimolare i consumi ma potrebbero aumentare l’incertezza in vista delle elezioni generali di fine anno. Inevitabili le preoccupazioni per la crisi in Turchia e per le rinnovate tensioni nella vicina Ucraina.

Ma per le istituzioni l’impegno principale è contrastare l’economia sommersa e la corruzione: «La lotta alla corruzione è una priorità assoluta per lo sviluppo del nostro Paese», ha ribadito il presidente, Klaus Iohannis, nei giorni scorsi. «La situazione è migliorata ma la burocrazia fatica ad adeguarsi e in alcuni casi l’attenzione alle regole e l’azione necessaria dei giudici provoca l’effetto perverso di bloccare le decisioni e le attività economiche», spiega l’ambasciatore Brasioli. «Per l’economia del Paese saranno determinanti anche i progetti sulle infrastrutture: ferrovie e strade sono vecchie e vanno migliorate», dice Angelini. Magari sfruttando al meglio i 23 miliardi di euro per destinati al Paese dall’Unione per il periodo 2014-2020.

Il Sole 24 Ore